La medicina è per me al contempo lavoro, passione e maledizione.
E' un lavoro. Non è né la mia vita né la mia essenza ma è parte integrante di entrambe.
Ritengo sia una distinzione importante, giacché non credo che per essere un bravo medico ci si debba identificare nel proprio ruolo annullandovisi. Se il mio scopo professionale è quello di aiutare le persone a vivere al meglio la propria vita, penso sia indispensabile che io stesso apprezzi e rispetti il bene che mi adopero per tutelare. E la vita è fatta (in nessun ordine particolare) di lavoro, relazioni sociali, ozio, arte, sesso, cibo, dolore, incazzature, amore ed altro ancora.
E' una passione. Come potrebbe non esserlo una disciplina che è assieme scienza ed arte, che sfida quotidianamente il tuo intelletto, chiedendo peraltro alle tue mani ed ai tuoi sensi di essere altrettanto pronti?
E' una maledizione. Ti costringe a guardare in faccia la sofferenza ed a renderti conto di quanto essa permei la vita umana, anche la tua e quella di coloro che ami.
Ed a quel punto la tua stessa esistenza cambia ed il mondo..
"..est changée en un cachot humide,
Où l'Espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant les murs de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris..".
Allora ti ripeti che si tratta di un lavoro, al di fuori del quale non è necessario, anzi, non devi usare lo stesso sguardo col quale esamini la realtà mentre vesti il camice!
Forse la risposta è proprio qui: il punto di vista del medico è profondo, analitico e, negli intenti almeno, obiettivo. Ma è parziale, come quello del filosofo, del commercialista, del macellaio, del mistico, del linotipista (ammesso che ne esistano ancora) e di chiunque altro.
Però non è affatto facile convincersene...
E' un lavoro. Non è né la mia vita né la mia essenza ma è parte integrante di entrambe.
Ritengo sia una distinzione importante, giacché non credo che per essere un bravo medico ci si debba identificare nel proprio ruolo annullandovisi. Se il mio scopo professionale è quello di aiutare le persone a vivere al meglio la propria vita, penso sia indispensabile che io stesso apprezzi e rispetti il bene che mi adopero per tutelare. E la vita è fatta (in nessun ordine particolare) di lavoro, relazioni sociali, ozio, arte, sesso, cibo, dolore, incazzature, amore ed altro ancora.
E' una passione. Come potrebbe non esserlo una disciplina che è assieme scienza ed arte, che sfida quotidianamente il tuo intelletto, chiedendo peraltro alle tue mani ed ai tuoi sensi di essere altrettanto pronti?
E' una maledizione. Ti costringe a guardare in faccia la sofferenza ed a renderti conto di quanto essa permei la vita umana, anche la tua e quella di coloro che ami.
Ed a quel punto la tua stessa esistenza cambia ed il mondo..
"..est changée en un cachot humide,
Où l'Espérance, comme une chauve-souris,
S'en va battant les murs de son aile timide
Et se cognant la tête à des plafonds pourris..".
Allora ti ripeti che si tratta di un lavoro, al di fuori del quale non è necessario, anzi, non devi usare lo stesso sguardo col quale esamini la realtà mentre vesti il camice!
Forse la risposta è proprio qui: il punto di vista del medico è profondo, analitico e, negli intenti almeno, obiettivo. Ma è parziale, come quello del filosofo, del commercialista, del macellaio, del mistico, del linotipista (ammesso che ne esistano ancora) e di chiunque altro.
Però non è affatto facile convincersene...