Non posso dire di comprendere fino in fondo gli omosessuali. Comprendo pienamente il loro desiderio di stare con chi amano, avere dei figli, formare una famiglia e dare ad essa tutta la protezione e tutte le sicurezze possibili. Comprendo il loro attendersi che lo Stato li tuteli e li sostenga, come qualsiasi cittadino, in queste legittime e naturali aspirazioni.
Non comprendo invece la loro attrazione verso persone dello stesso sesso. D'altra parte potrei tranquillamente dire di me, eterosessuale, di non saper spiegare la mia attrazione verso persone dell'altro sesso. Questo perché l'identità sessuale è situata a un livello talmente profondo del sé, da rendere i processi razionali scarsamente efficaci nel darne una definizione. Amiamo, ma è inutile chiedersi perché: figuriamoci interrogarsi sul perché gli altri amino!
Tutto ciò per ribadire, se ce ne fosse bisogno, che la difficoltà o l'impossibilità di capire qualcosa non la rende automaticamente un errore, un peccato, un'aberrazione.
Passerei oltre. Di che si parlava il 30 gennaio al Circo Massimo? Di non lasciar approvare una legge che conferirebbe doveri, e specialmente diritti e tutele a dei bambini e a degli adulti che già di fatto costituiscono delle famiglie, che esistono e continueranno ad esistere indipendentemente dall'esito dell'iter parlamentare; tutto ciò, sostengono gli avversatori del ddl Cirinnà, sarebbe inteso a tutela degli stessi bambini.
Si negherebbero dunque delle tutele... per tutelare coloro cui vengono negate?
Un capolavoro di logica paradossale, non c'è che dire...
E' stata chiamata in causa pure la Costituzione per sostenere la necessità che il ddl Cirinnà sia respinto. Io sono andato a rileggermi l'art. 29:
ART. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.
So che questo articolo ha impegnato più costituzionalisti per la sua interpretazione, in particolare per l'ossimoro secondo cui una società naturale sia fondata sul matrimonio, ossia su un istituto artificiale. Questa formulazione ha in realtà motivazioni storiche e politiche, un po' come il ben noto “Re d'Italia per grazia di Dio e volontà della Nazione”, ma certamente non dà una definizione del matrimonio.
Parliamo allora di società naturale. La famiglia lo è indubbiamente, e pressoché di tutte le società umane essa rappresenta il livello molecolare, a cui la maggior parte degli individui legittimamente aspira e tenderebbe, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale. Chi obiettasse che in mancanza di finalità procreativa non possa esservi famiglia, innescherebbe una discreta serie di paradossi: le persone sterili non dovrebbero costituire famiglie? Il matrimonio dovrebbe essere precluso alle persone anziane? Quella con figli adottati non andrebbe considerata una famiglia? A chi non intenda avere figli andrebbe vietato il matrimonio, o magari revocato d'autorità? Il celebrante dovrebbe acquisire preventivamente prova della potentia coeundi et generandi dei nubendi?
Personalmente credo che ridurre il matrimonio ad una mera entità riproduttiva sia cosa squallida, oltre a non rappresentarne in alcun modo natura e funzione.
Non ritengo opportuno spendere parole sul fatto che l'omosessualità non sia una condizione patologica: la posizione della comunità scientifica in tal senso è omogenea e inequivocabile e negarlo è pura ignoranza e/o malafede. Volendosi soffermare sull'aggettivo 'naturale', l'omosessualità lo è, semplicemente in quanto essa esiste in natura. Non è necessario fare riferimento agli studi nell'ambito del regno animale: il suo solo esistere da sempre nella specie umana la qualifica come un fatto naturale; non ammetterlo equivarrebbe a definire 'contro natura' l'eterocromia delle iridi o la pelosità della falange intermedia, entrambe varianti anatomiche minoritarie, anch'esse non patologiche e totalmente indipendenti dalla volontà del soggetto.
A essere non naturale, in quanto istituto, è semmai il matrimonio, e ciò è semplicemente un dato di fatto, non un disvalore. Su cosa poi esso sia, come già detto, la Costituzione non si esprime, lasciando alla Legge il compito di recepirlo (giacché esso precede la legge!), definirlo e normarlo. Come ogni legge, anche una sul matrimonio non si può pensare che debba essere un'entità assoluta, immodificabile nel tempo e pertanto insensibile all'evolversi della società e del sentire degli individui.
Non v'è dunque alcun impedimento logico o giuridico all'inclusione delle unioni omosessuali tra quelle cui possa essere attribuito lo status di matrimonio. Vi è anzi un dovere in tal senso, in quanto se l'art. 29 lega al matrimonio il riconoscimento dei diritti naturali della famiglia, a ogni famiglia naturale dev'essere data la possibilità di essere riconosciuta quale famiglia matrimoniale.
Non comprendo invece la loro attrazione verso persone dello stesso sesso. D'altra parte potrei tranquillamente dire di me, eterosessuale, di non saper spiegare la mia attrazione verso persone dell'altro sesso. Questo perché l'identità sessuale è situata a un livello talmente profondo del sé, da rendere i processi razionali scarsamente efficaci nel darne una definizione. Amiamo, ma è inutile chiedersi perché: figuriamoci interrogarsi sul perché gli altri amino!
Tutto ciò per ribadire, se ce ne fosse bisogno, che la difficoltà o l'impossibilità di capire qualcosa non la rende automaticamente un errore, un peccato, un'aberrazione.
Passerei oltre. Di che si parlava il 30 gennaio al Circo Massimo? Di non lasciar approvare una legge che conferirebbe doveri, e specialmente diritti e tutele a dei bambini e a degli adulti che già di fatto costituiscono delle famiglie, che esistono e continueranno ad esistere indipendentemente dall'esito dell'iter parlamentare; tutto ciò, sostengono gli avversatori del ddl Cirinnà, sarebbe inteso a tutela degli stessi bambini.
Si negherebbero dunque delle tutele... per tutelare coloro cui vengono negate?
Un capolavoro di logica paradossale, non c'è che dire...
E' stata chiamata in causa pure la Costituzione per sostenere la necessità che il ddl Cirinnà sia respinto. Io sono andato a rileggermi l'art. 29:
ART. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.
So che questo articolo ha impegnato più costituzionalisti per la sua interpretazione, in particolare per l'ossimoro secondo cui una società naturale sia fondata sul matrimonio, ossia su un istituto artificiale. Questa formulazione ha in realtà motivazioni storiche e politiche, un po' come il ben noto “Re d'Italia per grazia di Dio e volontà della Nazione”, ma certamente non dà una definizione del matrimonio.
Parliamo allora di società naturale. La famiglia lo è indubbiamente, e pressoché di tutte le società umane essa rappresenta il livello molecolare, a cui la maggior parte degli individui legittimamente aspira e tenderebbe, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale. Chi obiettasse che in mancanza di finalità procreativa non possa esservi famiglia, innescherebbe una discreta serie di paradossi: le persone sterili non dovrebbero costituire famiglie? Il matrimonio dovrebbe essere precluso alle persone anziane? Quella con figli adottati non andrebbe considerata una famiglia? A chi non intenda avere figli andrebbe vietato il matrimonio, o magari revocato d'autorità? Il celebrante dovrebbe acquisire preventivamente prova della potentia coeundi et generandi dei nubendi?
Personalmente credo che ridurre il matrimonio ad una mera entità riproduttiva sia cosa squallida, oltre a non rappresentarne in alcun modo natura e funzione.
Non ritengo opportuno spendere parole sul fatto che l'omosessualità non sia una condizione patologica: la posizione della comunità scientifica in tal senso è omogenea e inequivocabile e negarlo è pura ignoranza e/o malafede. Volendosi soffermare sull'aggettivo 'naturale', l'omosessualità lo è, semplicemente in quanto essa esiste in natura. Non è necessario fare riferimento agli studi nell'ambito del regno animale: il suo solo esistere da sempre nella specie umana la qualifica come un fatto naturale; non ammetterlo equivarrebbe a definire 'contro natura' l'eterocromia delle iridi o la pelosità della falange intermedia, entrambe varianti anatomiche minoritarie, anch'esse non patologiche e totalmente indipendenti dalla volontà del soggetto.
A essere non naturale, in quanto istituto, è semmai il matrimonio, e ciò è semplicemente un dato di fatto, non un disvalore. Su cosa poi esso sia, come già detto, la Costituzione non si esprime, lasciando alla Legge il compito di recepirlo (giacché esso precede la legge!), definirlo e normarlo. Come ogni legge, anche una sul matrimonio non si può pensare che debba essere un'entità assoluta, immodificabile nel tempo e pertanto insensibile all'evolversi della società e del sentire degli individui.
Non v'è dunque alcun impedimento logico o giuridico all'inclusione delle unioni omosessuali tra quelle cui possa essere attribuito lo status di matrimonio. Vi è anzi un dovere in tal senso, in quanto se l'art. 29 lega al matrimonio il riconoscimento dei diritti naturali della famiglia, a ogni famiglia naturale dev'essere data la possibilità di essere riconosciuta quale famiglia matrimoniale.
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